Da sempre, dall’inizio della storia dell’uomo, il seme rappresenta la sua rinascita, la ripartenza, il rimettersi in gioco:
l’essere umano trova nuove chances per offrire prima a se stesso e poi agli altri, una nuova versione di sé, in termini evoluzionistici, culturali, cognitivi. Ogni generazione è l’inizio del nuovo ciclo. Ma anche in una stessa vita, una persona può avere diverse “ripartenze”.
In questo senso, nel panorama mondiale dello sport e dell’attività fisica, esiste la possibilità di infortunarsi, di interrompere il consueto sport di anni per l’arrivo di un bebè, o semplicemente il virare verso un’altra attività fisica che ci è più congeniale in quel momento della nostra vita.
Pochissimo in Italia, ma molto nel resto dell’Europa e degli Stati Uniti, sono tuttavia tantissimi gli atleti, professionisti e amatoriali che subendo incidenti stradali o sul lavoro, oppure a seguito di malattie, si sottopongono ad interventi di protesi di gamba.
Sembra quasi ormai diventata la “normalità” richiedere ai vari Istituti di ricovero convenzionati con il proprio sistema sanitario nazionale, un intervento di questo tipo, che permette alla persona prima e all’atleta poi, di rimettersi completamente in gioco.
Ricominciare nella propria vita privata, riprendere le proprie attività fisiche in casa, o fuori mentre si fa la spesa, o guidare…, tutto diventa una nuova sfida in cui dare una nuova versione di sé, senza piangersi troppo addosso.
E nello sport?
Nell’attività fisica tantissimi atleti, in tutto il mondo, ritrovano il piacere di riprendere i propri allenamenti -terminata la fase riabilitativa- in una forma leggermente diversa in cui si ritrovano come inseriti in un nuovo corpo, una nuova forma corporea.
Come se avesse cambiato l’auto con cui va a fare la spesa ogni giorno, così l’essere umano che si muove con protesi, anche bilaterali, agli arti inferiori, si sente all’interno di un paradosso: da una parte come penalizzato perché non ha più le proprie gambe, dall’altro lato -grazie ad un ottimo intervento riabilitativo e psicologico- un potenziamento delle proprie ex capacità motorie naturali.
Un bellissimo esempio di questo sono le protesi trans-omerali per bambini realizzate in autentico stile Lego®, con luci, laser, e possibilità di attaccare altri pezzi Lego®, in cui il bambino si sente potenziato “come se avesse un potere da super eroe”.
Famosissimo in tutto il mondo poi, è il caso di David Aguilar, un diciannovenne studente di bioingengeria che si è autocostruito una protesi per braccio interamente con “regolari” pezzi Lego®: il suo modello di rivalutazione della sua percezione del moto del braccio e delle sue funzioni, sono stati di ispirazione per migliaia di ragazzi in tutto il mondo.
Con questo enorme spirito di rimettersi in cammino, anche gli sportivi puri che hanno imparato a gestire le proprie protesi di gamba o di coscia (trans-fermorali), ritrovano il piacere di riprendere la propria attività fisica sicuramente con una marcia in più, sentendosi anche più forti e probabilmente essendo anche più veloci.
É famoso il caso di Oscar Pistorius -doppia protesi trans tibiale- che nel 2012, ha deciso di sbalordire chiunque, sconvolgendo il mondo dello sport, diventando il primo atleta biamputato a gareggiare con i normodotati in un’Olimpiade. Il mondo si inchinò al coraggio di un essere umano che, dalla nascita senza le tibie e l’amputazione ad appena 11 mesi di età, fosse riuscito a competere alle Olimpiadi con le sue avveniristiche protesi.
L’atleta sudafricano per anni è stato contestato poiché probabilmente avvantaggiato da quelle protesi che pesavano il 20% in meno di una gamba in carne ed ossa.
Malignità o meno, è il caso di riconoscere che la rimessa in gioco dell’essere umano parte iconicamente da una fine, ma rappresenta una vera e propria rinascita con una versione anche migliore del proprio sè corporeo e spirituale.
Manuela Prestifilippo
Leggi anche l’articolo di Greta Mancini dedicato al seme.